La storiografia di tradizione occidentale fa uso della cosiddetta “periodizzazione”, ossia la suddivisione della linea del tempo che, a decorrere da circa 2,6-2,5 milioni di anni fa (noi ancora non c’eravamo; c’era invece l’Homo habilis africano) arriva sino ad oggi, in una sequenza di intervalli temporanei caratterizzati da tratti identitari riconoscibili e scanditi da demarcazioni temporali.
La cronologia che tutti abbiamo studiato a scuola comincia con la “preistoria”, che va dall’Homo habilis all’invenzione della scrittura, realizzata dall’Homo sapiens (esattamente dal popolo dei Sumeri) circa 3.500 a.C.; la “storia antica”, che dalla scrittura decorre sino alla caduta dell’Impero Romano d’occidente (476 d.C.); il Medioevo, che da quel traumatico evento giunge sino alla scoperta dell’America (1492); l’Età moderna che, secondo molti storici, arriva sino alla Rivoluzione Francese (1789) e l’Età Contemporanea, che da quel cruciale strappo giunge sino a noi.
Anche se non tutti gli storici sono d’accordo, la Rivoluzione Francese stabilisce la decorrenza del contenitore temporale entro cui ci troviamo attualmente.
La Rivoluzione Francese è universalmente considerata il caposaldo storico in cui si compiono due fondamentali e radicali cambiamenti epocali: uno sociale e l’altro politico-istituzionale.
Sul piano sociale si compie l’affermazione della cosiddetta “classe borghese”, vale a dire l’insieme di artigiani, commercianti, professionisti, funzionari etc. e l’emergente categoria degli industriali; sul piano politico-istituzionale inizia il contrastato ma inesorabile declino delle monarchie assolute, progressivamente sostituite dagli stati costituzionali, fondati su una legge fondamentale (la costituzione) che garantisce e regola i rapporti fondamentali fra i cittadini e le forme di governo, inclusi i procedimenti per l’emanazione delle leggi ordinarie. Ossia quanto oggi definiamo “stato di diritto”.
Il “Giuramento della pallacorda”, sottoscritto a Versailles il 20 giugno di 233 anni fa, è un momento cruciale di quella catena di eventi che porterà all’abbattimento della monarchia assoluta francese perché in quell’atto tutt’altro che simbolico si definisce e consolida la costituzione identitaria del cosiddetto “terzo stato” quale soggetto sociale e politico in grado di esprimere un proprio progetto istituzionale.
La struttura sociale (non soltanto) della Francia del 18° secolo si fonda sulla rigida suddivisione in tre “stati” ordinati per importanza: nobiltà, clero e tutto il resto della popolazione, riunita entro il “terzo stato” (tiers état); l’unico obbligato a pagare le tasse.
Nella seconda metà del Settecento la situazione era degenerata sino all’esasperazione anche a causa dell’enorme debito pubblico accumulato dalla Francia per effetto dei grandi e continui sprechi prodotti da monarchia e nobiltà, essendo il predetto debito destinato ad essere ripianato mediante nuove tasse a carico del 3° stato.
Poco più di un mese prima, il 5 maggio 1789, a Versailles, si erano tenuti i celebri “Stati Generali” (espressione ancora oggi utilizzata dai giornalisti quando si vuole alludere a qualche importante riunione dei rappresentanti di un’organizzazione), ossia la riunione in assemblea dei rappresentanti delle componenti sociali francesi: 578 deputati del 3° stato, 291 del clero e 270 della nobiltà. Ma i lavori degli stati generali si arenano subito su una questione di importanza cruciale: le procedure di voto sulle deliberazioni da adottare dall’assemblea. In caso di voto nominale, come richiesto dal 3° stato, quest’ultimo avrebbe ottenuto la maggioranza, essendo più numeroso; se, al contrario, il voto dovesse essere espresso per blocchi, nobiltà e clero, tradizionalmente alleati, avrebbero facilmente prevalso sul 3° stato per due contro uno.
Dopo oltre cinque settimane di stallo, il 17 giugno, i deputati del 3° stato si costituiscono autonomamente in “Assemblea Nazionale”; il re Luigi XVI risponde facendo chiudere la sala destinata alle riunioni dell’assemblea, ragione per cui i deputati decidono di riunirsi in una vicina sala dove si pratica il gioco della pallacorda (una sorta di antenato del tennis). Sotto la presidenza dell’astronomo Jean Sylvain Bailly i deputati votano e sottoscrivono il celeberrimo “giuramento”, predisposto dal notaio Jean-Baptiste-Pierre Bevière, con cui si impegnano a restare uniti e continuare a lavorare e lottare sino a quando la Francia non fosse diventata uno stato su base costituzionale.
Quel giorno l’Occidente entra nell’età contemporanea.
Notizie ACCADDE OGGI 20 GIUGNO 1789: IN FRANCIA I RAPPRESENTANTI DEL 3° STATO...