
Donald Trump – impegolato fino al collo nel rischio “impeachment” e che, nella drammatica vicenda curda, si porta comunque sulle spalle le più pesanti responsabilità – ha almeno avviato le sanzioni economiche contro il “feroce Saladino”. Ma l’Europa che fa? Dov’è? Qual’è la sua strategia per fermare l’ indegno massacro di un popolo ferito e disperso, illuso e usato, che ha sempre sventolato la bandiera della libertà e della democrazia in un’ area del mondo dominata da regimi tirannici o autoritari e votati all’ islamismo? Oltre a qualche nobile (e sterile) parola di condanna, oltre a qualche piagnucolio di prammatica, come si oppone questa Europa debole e decrepita a quella che da strage può presto sfociare in un vero e proprio genocidio? Che cosa aspetta Bruxelles a convocare un vertice urgente mirato sulla sua sicurezza e ad adottare decisioni che possano contribuire a determinare un alt al blitz dell’ esercito del Sultano?

Ci si faccia rispettare da uno spregiudicato dittatore, che – in patria – perseguita duramente un’opposizione in crescita che, nel recente voto amministrativo, gli ha strappato il governo delle due più grandi città! E non si ceda all’ indegno ricatto dei tre milioni e seicentomila rifugiati – quasi tutti siriani – che Erdogan caccerebbe dai suoi territori per riversarli sulle nostre coste! Subito: sigilli alle frontiere; diffida alla restituzione dei miliardi concessi a pioggia ad Ankara; reinvio in Turchia dei clandestini approdati in terra europea attraverso la rotta balcanica; serie misure di ritorsione commerciale, sanzioni comprese; richiesta all’ ONU di dispiegare i “caschi blu” sul confine turco. Provare. Muoversi. Agire. Spingere. I discorsetti “politically correct”, che nascondono un cinico omaggio alla realpolitik, valgono come il due di picche! Purtroppo continuiamo a vedere poco. Molto poco. Un deserto di iniziativa politica comune. Ininfluente che qualche paese UE blocchi la vendita delle armi all’ autocrate invasore: ci mancherebbe non venisse fatto…
